Una madre in attesa; un figlio; ma un figlio malato; e, forse, una famiglia. Dalla prima tutti veniamo; il secondo tutti siamo; il terzo sempre potenzialmente, in quanto esseri umani vulnerabili; l’ultima in quanto non possiamo essere lasciati soli: abbiamo bisogno di cura.
La difficoltà che attraversa una madre nella gravidanza con diagnosi infausta può essere – e di solito lo è – molto pesante. Con lo spostamento su efficienza, prestazione e perfezione del criterio sociale sulla base del quale stabilire il senso di un’esistenza, l’ampliamento delle potenzialità della medicina non corrisponde immediatamente a un rivolgersi al più debole, ma finisce spesso con lo scartarlo alla ricerca del migliore: il sano. La medicina pre e peri-natale dovrebbe ad-sistere la donna dal tempo dell’attesa servendosi delle migliori tecniche sviluppate con l’espansione della medicina fetale. Appare invece adoperata a selezionare, piuttosto che a dare tutta se stessa a colui cui deve la propria essenza: all’uomo malato, con cura. Del resto, che valore ha un figlio imperfetto, che posto ha un figlio che non serve, che peso ha un figlio che dipende, che senso ha un figlio inguaribile, che tempo di qualità vivrà un figlio per appena pochi minuti?
(altro…)